lunedì 11 maggio 2015

Chi siamo


Blog a cura della 2C SPES
CL@SSE 2.0
(Indirizzo: Sperimentale per l'Economia dei Servizi)
Cecina (LI)

Siamo le studentesse della classe IIC dell'Istituto Tecnico Commerciale Cattaneo (liceo economico 2.0) di Cecina (LI). La nostra classe 2.0 è stata suddivisa in gruppi, per lavorare sulla FULL IMMERSION che ha come argomento "La filosofia e cultura orientale". Il nostro gruppo si occupa del concetto di disciplina e mente-corpo.





GRUPPO DI LAVORO: Bosco Gaia, Bracci Caterina, Cicalini Chiara.


Cenni storici

Le discipline o comunemente dette arti marziali nascono con l’uomo, con il suo bisogno di difendersi, di sopravvivere.
Ogni civiltà ha sviluppato un proprio sistema di combattimento, tipico dei costumi del luogo tanto in Oriente quanto in Occidente.
Uno dei primi elementi che viene alla luce è che queste si sono diffuse per tutto l’Estremo Oriente, ma nell'antichità apparentemente non sono mai state praticate in Europa, neppure nell’area del Mediterraneo, dove si erano stabiliti dei contatti con l’Oriente già prima che fiorisse l’Impero romano.
Le descrizioni delle tecniche di combattimento occidentali del passato infatti non fanno riferimento a tecniche praticate a est dell’India.
Per quanto riguarda l'origine, la testimonianza più antica potrebbe essere costituita da due statuette babilonesi datate fra il 3000 e il 2000 a.C. L’una rappresenta un uomo con la mano nella caratteristica posizione di parata, l’altra mostra due uomini che lottano tenendosi l’un l’altro per la cintura, una forma di combattimento simile al Sumo



Al tempo dei greci e romani, la lotta e il pugilato, sebbene violenti, richiamavano i loro corrispettivi orientali. I Greci praticavano una forma di lotta particolarmente violenta, il Pancrazio, che finiva con la sottomissione o la morte del vinto.

               

                           






 I gladiatori romani si servivano di abili tecniche di combattimento, si addestravano in scuole speciali, ma, nonostante si trattasse di una tecnica sofisticata, la lotta fra gladiatori divenne un vero e proprio spettacolo, staccandosi così da ciò che s’intende per arte marziale. 





 I Cinesi si divertivano ad osservare le esibizioni di acrobati indiani e del Mediterraneo orientale molto prima che le vie della seta divenissero il percorso commerciale tra la Cina imperiale e Roma. In un certo senso è ancora evidente la stretta relazione tra i movimenti degli acrobati e quelli di chi pratica le arti marziali, come è altresì lunga la tradizione di correlazioni tra le tecniche di combattimento e quelle di spettacolo.
È certo che la nascita ufficiale delle vere discipline iniziò ad evolversi in India e Cina fino a sfociare nelle sofisticate tecniche odierne.

Le prime arti marziali

INDIA:

Kalaripayattu
 Kalari - dal sanscrito Kaloorika - è il nome dato al recinto, l'arena o palestra dove si pratica 
Payattu - costantemente quell'arte e ancora ai giorni nostri nei Kalari vengono offerte Puja per onorare i 4 clan e i 21 Guru originari della leggenda. Alcuni studiosi fanno risalire le origini del KalariPayattu addirittura al IV secolo a.C. ma è comunque unanimemente considerata la madre di tutte le altre sviluppatesi in seguito in Estremo Oriente, nonché la più completa fra esse. La tradizione vuole che fosse stato il monaco buddhista indiano Bodhidharma a esportare il Kalari in Cina insieme alla sua fede, e ciò che egli insegnò si sviluppò poi nelle altre arti marziali oggi conosciute, dal Kung Fu al Karate.
Ciò che fa del KalariPayattu una pratica unica, è che comprende molto più delle altre Arti Marziali: uno studente di Kalari deve studiare infatti anche filosofia, medicina ayurvedica, attacco e autodifesa ma, prima di tutto, deve imparare ad evitare il confronto. Impara comunque anche a curare le ferite eventualmente causate all'avversario e, negli studi avanzati, imparerà a conoscere i punti Marma. Un colpo ben assestato in questi punti vitali dell'anatomia umana potrà infatti lasciare invalido o anche uccidere l'avversario, mentre una diversa pressione sugli stessi potrà invece curarlo da molte affezioni, come insegnano le tecniche cinesi di agopuntura basate infatti sugli stessi principi.




CINA:

Wushu è la prima menzione del termine wǔshù () risale alla Dinastia Liang (502-557).
Alla fine dell’Ottocento, con l’introduzione 
delle armi da fuoco e il rinnovamento dell’esercito cinese, il wushu perde valore in ambito marziale per acquisirne in ambito ginnico e come tecnica di autodifesa. Con la nascita della Repubblica Cinese nel 1911 sorgono le prime scuole pubbliche di wushu e anche la prima “palestra statale” a Nanchino.
Il wushu è insegnato anche nelle accademie militari e alle forze di polizia e si tengono le prime competizioni sportive.



GIAPPONE:

 L’origine delle arti marziali giapponesi può ritrovarsi nella tradizione guerriera dei samurai e del sistema di caste che limitava l’uso delle armi ai membri delle classi guerriere,  vietandone l’uso alla popolazione. In origine, i samurai dovevano essere perfettamente in grado di lottare con e senza armi, in modo da sviluppare l’assoluta maestria nelle capacità di combattimento volte alla glorificazione personale e del proprio signore.

§  Budo o "via marziale" à Il termine "budō" è relativamente recente, e viene usato per identificare la pratica delle arti marziali concepite come regola di vita, racchiudendo così le dimensioni fisica, spirituale e morale nell'ottica di un miglioramento, di una realizzazione o di una crescita personale.
§  Bujutsu à traducibile come "arte della guerra" ha una definizione più limitata, almeno da un punto di vista storico: Bujutsu si riferisce specificamente all'applicazione pratica delle tecniche e tattiche marziali in un combattimento reale.

§  Bugei à ossia "arte marziale". Il termine raggruppa in sé un insieme di discipline marziali, quindi militari, risalenti all’epoca feudale giapponese tra il 1125 e il 1625 d.C. circa. Indica collettivamente le Arti marziali che almeno fino al periodo della restaurazione del Giappone in epoca Meiji (1868 d.C.) furono competenza della classe militare.



COREA:

Originariamente la Corea fu divisa in tre regni: Silla nella parte orientale del paese, Goguryeo (Koguryo) nella parte settentrionale e Baekje situato a ovest di Silla. Lo stile Subak fu creato nel regno coreano di Goguryeo.
Il Subak è una specifica e antica arte marziale per indicare arti marziali; storicamente questo termine specifica la vecchia arte marziale del taekkyeon (combattimento con le gambe).

Concetto di disciplina

Accanto al significato di materia, cioè settore del sapere che viene insegnato, ha un significato esteso di sistema di regole - in particolare, severe. Infatti la disciplina sportiva è uno sport formalizzato con regole precise, la disciplina militare è la ferrea regola di vita di chi sta sotto le armi, e la disciplina ecclesiastica è quell'insieme di condotte di vita che deve osservare chi voglia far parte di una certa chiesa. E naturalmente, davanti ad una simile denotazione, il connotato che più probabilmente emergerà e si affermerà come caratteristico è quello della severità. Insomma, sarebbe ben strano se disciplina fosse sinonimo di lassezza e permissivismo. Così intendiamo che l'idea etimologica è quella di un insegnamento che è innanzitutto dare una regola: e pur non essendo stata concepita in un momento storico in cui la pedagogia fosse particolarmente evoluta, è un'idea perspicace. La disciplina non è nozione, ed è molto più del suo stesso contenuto.
Per meglio spiegare ciò che sosteniamo, analizzeremo il karate.

Karate è un termine giapponese. Si scrive con due caratteri Kanji. Il primo si pronuncia Kara e significa vuoto, il secondo è te e significa mano. Perciò Karate significa mano vuota e per questo non vengono usate armi.





 Una disciplina che si applica a mani nude e che rafforza il corpo e lo spirito. Il karate è un’arte, un'attività completa ed una filosofia di vita. Dal punto di vista della formazione fisica il karate, usando i 4 arti indistintamente e un’infinita varietà di posture e schemi motorii, risulta una delle pratiche sportive più complete. Insegna il rispetto per gli altri e per il mondo che ci circonda, sviluppa grande autocontrollo ed equilibrio psicofisico. Ancora oggi forte è la convinzione che arte marziale sia sinonimo di violenza, che il fare karate significhi diventare aggressivi, litigiosi, troppo sicuri di sé, quindi pericolosi, ma non è così. Nella pratica del karate si educa l'allievo a coltivare un sentimento importante: il rispetto. Questo atteggiamento è presente e costante in ogni momento dell'allenamento ed insegnato sin dalla prima lezione. Si parla del rispetto per il luogo (DOJO), per il Maestro (colui che ci guida), per i compagni (amici con cui condividere gioie e fatiche).
MAESTRO GICHIN FUNAKOSHI
 "Il Karate inizia con il rispetto e finisce con il rispetto" diceva il maestro FUNAKOSHI esprimendo un principio importante delle arti marziali. Simbolo di questo rispetto è il saluto, in giapponese REI, eseguito all'inizio e alla fine di ogni esercizio, per salutare I Kamiza, il nostro maestro, i nostri compagni. Ci si pone in riga, in ordine di grado di cintura ed in silenzio. Il karate-gi in ordine, le mani ben distese lungo i fianchi. L'atteggiamento è serio, attento e concentrato. Al comando del capo-fila (l'allievo col grado più alto) ci si inginocchia composti. Bambini ed adulti, allievi ed insegnanti; si è tutti insieme di fronte al Maestro. Ora, in questo momento di assoluto e rigoroso silenzio, si pronunciano forti e scandite le regole del Dojo. E' un momento importante, di condivisione e al tempo stesso di introspezione. Queste regole, antiche e preziose, vengono pronunciate in giapponese. Raffinate ed efficaci, le tecniche di karate si forgiano in palestra (DOJO) che per l'occasione diviene un luogo al quale si porta un profondo rispetto, la divisa è un karate-gi bianco e si pratica a piedi nudi.


RITSU-REI 
ZA-REI 



I 20 precetti del Karate (Shoto Nijyukun)
1. Non bisogna dimenticare che il karate comincia con il saluto, e termina con il saluto.
2. Nel karate, non si prende l'iniziativa dell'attacco.
3. Il karate è un complemento della giustizia.
4. Conosci dapprima te stesso, poi conosci gli altri.
5. Nell'arte, lo spirito importa più della tecnica.
6. L'importante è mantenere il proprio spirito aperto verso l'esterno.
7. La disgrazia proviene dalla pigrizia.
8. Non pensare che si pratichi karate solamente nel dojo.
9. L'allenamento nel karate si prosegue lungo tutta la vita.
10. Vedi tutti i fenomeni attraverso il karate e troverai la sottigliezza.
11. Il karate è come l'acqua calda, si raffredda quando si smette di scaldarla.
12. Non pensare a vincere, ma pensa a non perdere.
13. Cambia secondo il tuo avversario.
14. L'essenziale in combattimento è giocare sul falso e sul vero.
15. Considera gli arti dell'avversario come altrettante spade.
16. Quando un uomo varca la porta di una casa, si può trovare di fronte a un milione di nemici.
17. Mettiti in guardia come un principiante, in seguito potrai stare in modo naturale.
18. Bisogna eseguire correttamente i kata, essi sono differenti dal combattimento.
19. Non dimenticare la variazione della forza, la scioltezza del corpo e il ritmo nelle tecniche.
20. Pensa ed elabora sempre.


La gerarchia dei gradi nel Karate (kyudan)

Chiunque voglia apprendere le arti marziali comincia nel livello shu (della forma) che comprende l'intero sistema kyu. In esso rientra l'apprendimento basilare delle tecniche (omote) e il raggiungimento del livello psicofisico necessario per toccare i livelli superiori. Si tratta di costruire e rafforzare autodisciplina, volontà, pazienza, comprensione e convivenza con altri, elementi senza i quali non è possibile progredire.

Kiu o mudansha 
Livelli Inferiori:

  kyu (rokkyu) cintura bianca

5° kyu (gokyu) cintura gialla

4° kyu (shikyu) cintura arancio


Livelli superiori: 

3° kyu (sankyu) cintura verde

2° kyu (nikyu) cintura blu

1° kyu (ikkyu) cintura marrone




Yudansha - Il guerriero

Gradi di maestria tecnica


1° dan: grado dell'allievo che cerca la via
2° dan: grado dell'allievo all'inizio della via
3° dan: grado degli allievi riconosciuti
4° dan: grado degli esperti tecnici

Kodansha - La maestria spirituale
Gradi di maestria spirituale

5° dan: - renshi kokoro, grado della conoscenza
6° dan: - renshi da 35 anni
7° dan: - khioshi da 42 anni 

Irokokoro - La maturità 
Grado della maturità 

8° dan: - khioshi da 50 anni
9° dan: - hanshi da 60 anni 
10° dan: - hanshi da 70 anni 




Concetto mente-corpo

Gli antichi filosofi, saggi e maestri orientali avevano già compreso in parte il mistero riguardante l’influenza reciproca di mente e corpo nelle arti marziali, rapportandolo ai nostri modi di pensare.
E’ bene conoscere, in linee generali, i fondamenti della fisiologia cinese, ed in particolare i concetti di Ch’i (Ki), energia interiore, e quelli di meridiani, ovvero i canali dove scorre questa energia.

Lo stato della mente.


Le parole cinesi Hsin e I sono spesso tradotte con il termine “mente”. Hsin può voler dire cuore oppure mente, in quanto anticamente pensavano che il centro intellettivo fosse nel cuore. Con il termine I si indica invece il pensiero, l’intenzione, il pensiero intenzionale.
Un’altra parola cinese molto interessante è il termine Hsu che può indicare sia modesto sia vuoto. Entrambi questi significati sono importanti nelle arti marziali tradizionali; in esse la modestia è una virtù di fondamentale importanza senza la quale non è possibile un reale progresso.

Il maestro Li I Yu nel suo scritto Cinque parole segrete ci spiega perché la mente (Hsin) deve essere calma, e precisamente ce lo espone con queste parole:
“Se la mente non è calma non è possibile concentrarsi. Allora, sia che alziamo le mani, sia che ci muoviamo avanti e indietro, a sinistra o a destra, agiremo confusamente. È essenziale dunque avere la mente tranquilla”.

La mente deve essere vuota (Hsu) cioè priva di pensieri estranei, concentrata ed agile, ossia acuta, adattabile, pronta; la mente tramite il pensiero intenzionale (I), deve guidare il flusso del Ch’i.

Quando avremo svuotato la mente, tutto ciò che prima era dentro di essa si troverà nel nostro corpo. Il pensiero non avrà allora più bisogno di riflettere né alle forme né ai principi, mentre il corpo agirà in maniera inconscia senza violare né la forma né alcun principio, e, il Ch’i, andrà da solo nella direzione giusta senza l’intervento del pensiero intenzionale.
Nella strategia del Tai Chi Chuan, il principio fondamentale è racchiuso nella citazione:





“Dimenticare se stessi e seguire l’avversario”

Stando a significare di non imporre la nostra azione all’avversario, ma è preferibile adattarsi a quella dell’avversario.
Per sentirsi veramente liberi bisogna liberarsi dal provare attaccamento. Questo ci porta al concetto di assenza di pensiero, cioè la mente diviene libera dalle influenze del mondo esterno per poter prendere la sua via senza ostacoli e l'unico modo per portarla a questo è la sua liberazione dalle vecchie abitudini, pregiudizi e processi di pensiero limitanti.
  

Unità di corpo e mente



La caratteristica del corpo, degli arti e del bacino è quella di agire unitariamente. La mente è mantenuta in uno stato di allerta e di adesione alle cose, preparata in ogni momento a rilasciare energia. L’azione deve scaturire rapida come un improvviso colpo di fulmine. Ci si deve muovere con l’intenzione diretta come se nessuno potesse intervenire.

Corpo e mente, almeno per un attimo, sono tutt’uno. Un corpo agile e sciolto si accompagna ad una maggiore elasticità mentale e elasticità emotiva.
Comprendere con la mente vuol dire rendersi conto del significato di ogni tecnica e di ogni principio, significa anche utilizzare il pensiero durante la pratica e raggiungere l’unificazione fra mente e tecnica. Comprendere con il corpo significa allenarsi con assiduità sino a che il corpo abbia perfettamente assimilato tutte le tecniche, significa pure servirsi dei sensi e delle sensazioni fisiche durante la pratica.
Una mente consapevole dell’esecuzione di ogni tecnica, è il principio dell’armonia della mente con la tecnica, ovvero interno ed esterno.
La mente deve essere perfettamente sveglia, concentrata e ben conscia di ogni tecnica, di ogni movimento e del continuo alternarsi di Yin e Yang, di vuoto e pieno, di chiusura e apertura.

“Per unificare corpo e mente è necessario imparare a pensare al movimento e a muovere il pensiero”.

KI

“Attraverso la respirazione il KI si accumula e riempie tutte le parti del corpo. Ma viene emanata come l'acqua che scaturisce inarrestabile solo quando corpo e mente sono sereni e distesi”. 
Il concetto orientale di KI è molto difficile da definire. In Giappone, la parola è divenuta d'uso quotidiano attraverso i secoli, da quando cominciò l'infiltrazione della cultura cinese.
Il KI esprime il concetto delle energie fondamentali dell'universo, di cui fanno parte la natura e le funzioni della mente umana. Nella Cina antica il concetto di KI guadagnò spazio nella medicina, nelle Arti Marziali ed in molti aspetti della vita. Inizialmente utilizzata con propositi militari, si dice che la profezia del KI fu utilizzata per determinare quando la forza del soldato fosse al suo livello massimo, per scegliere secondo essa il movimento militare appropriato. Poi, lo studio dei KI, si sviluppò fino ad arrivare ad essere una forma di pratica di predizione del destino.
In Oriente il corpo e la mente non esistono come entità separate. Perciò tutti gli aspetti della cultura orientale (la Filosofia, l'Arte, le Arti Marziali, la Medicina, ecc.) si sforzano di raggiungere la vita attraverso una comprensione dell'unione fondamentale della mente e del corpo.
Il KI unifica la stessa base della mente e del corpo e, allo stesso tempo, instaura una relazione reciproca con tutte le cose nella fonte della creazione; tutte le cose vive derivano dal KI. Il KI individuale ed il KI della natura sono uniti e s'influenzano reciprocamente. Per esempio, quando diciamo che un giorno soleggiato rallegra il cuore, lo diciamo perché il nostro KI funziona in empatia con il KI della natura, che, a sua volta, è in empatia con tutte le persone dei mondo.
Attraverso le discipline orientali l'occhio della mente può aprirsi ad esso e può avvertire chiaramente la sua presenza. Ce lo descrive ancora una volta in modo perfetto il Maestro Shingeru Egami in questo passaggio. "Nella pratica, quando il tuo avversario sferra un colpo, devi già essere in movimento. Dopo che l'hai visto muoversi, è già troppo tardi ed un falso movimento da parte tua è fuori luogo, perché il colpo del tuo avversario è quasi mortale. Muoversi simultaneamente con il colpo; si deve sentire l'intenzione dell'avversario. Ma, in realtà, non è questione di usare la mente, ci si deve muovere naturalmente, senza pensarci. Quando raggiungerai questo stato, riuscirai a muoverti simultaneamente con l'ordine".
Solo quando la tua mente è tranquilla e sei fisicamente all'erta, potrai renderti conto dei movimenti dell’avversario e della sua respirazione naturale. In questo stato sentirai i cambiamenti di sentimento del tuo avversario. Molte culture orientali si fondano su questo concetto. Tuttavia, per gli occidentali il KI è un concetto relativamente nuovo e, poiché esiste una forte tendenza ad intellettualizzare tutto in termini di analisi scientifica e culturale, il concetto del KI non è facilmente compreso.
Esiste un KI ereditario che è presente nel principio della vita, nel feto, mentre il KI acquisito si dice che si accumuli esternamente dopo la nascita.
Quest'ultimo si materializza in tre classi:
  •             TEM NO KI: Ki della respirazione ed esiste come aria.
  •            CHI KI: Ki della terra ed esiste come acqua ed alimenti.
  •            IKI DEI MERIDIANI: base di tutta l'attività vitale.

Si crede che il KI fluisca prima attraverso il meridiano del rene e questa è la ragione per cui nelle Arti Marziali orientali il punto di energia più importante del corpo è quello che si trova sotto l'ombelico e corrisponde al meridiano menzionato; si crede che sia il centro del KI.
Il KI utilizza la mente ed il corpo, integrando il cosciente e l'incosciente. La sua influenza nelle funzioni della mente e del corpo dipende dall'immagine del mondo esteriore che ha ogni persona.





Esperienze personali

Uno degli argomenti che abbiamo trattato con la professoressa di scienze motorie, quest’anno, è stato quello riguardante l’arti marziali ed abbiamo avuto anche la fortuna e possibilità di tenere una lezione di difesa personale con la Sensei Keiko Wakabayashi.

Parliamo un po’ di lei:
KEIKO WAKABAYASHI
Keiko Wakabayashi ha 85 anni e la chiamano la nonna samurai, nata a Tokyo e trasferitasi in Italia nel 2001.
Keiko è maestra di Aikido (ai=armonia, ki=energia, do=via; percorso per l’unificazione tra spirito e corpo) di altissimo livello, avendo avuto come istruttore niente di meno che Kishiomaru Ueshiba, il figlio del fondatore di questa disciplina. E poi insegna Jujitsu, arte marziale di difesa personale che si pratica anche con l’uso di spade, bastoni e pugnali. Nonché altri accessori, come la fascia che i contadini giapponesi portano nelle risaie per bloccare il sudore, utilizzata come arma da soffocamento e gli shuriken, i micidiali dardi da combattimento ninja.
Abbiamo iniziato la lezione, che si è tenuta alla Palestra Free Time di Cecina, mettendoci in fila sul tatami e facendo il saluto dicendo “arigato mashitasu”.
Dopo aver fatto un breve riscaldamento, abbiamo iniziato a studiare le diverse tecniche che c’ha presentato, attraverso dimostrazioni.
La presa con tre dita anziché cinque. Il gomito che fa leva sulla schiena dell’avversario. I passi per “uscire” da un accoltellamento all’addome. E poi una serie di shimè, in italiano strangolamenti, di bloccaggi, agganci, proiezioni e rovesci che pare estrarre con grazia da un cilindro invisibile. ”A me gli occhi”, e lo stende a terra. E’ alta due terzi del suo allievo e pesa la metà, in fin dei conti non si tratta di forza bruta ma d’energia 
interiore, lo scintoismo la rende incisiva. Al termine della lezione ci siamo nuovamente congedati con il saluto.






Alcune foto della mattinata...




























Sitografia

http://www.benessere.com/fitness_e_sport/arti_marziali/origini_arti_marziali.htm
http://www.guidaindia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=881:arti-marziali-indiane&catid=47:usi&Itemid=60
http://www.polsantarita.it/Wushu_index/intro_ita.htm
http://unaparolaalgiorno.it/significato/D/disciplina
http://win.ilguerriero.it/artimarziali/ricercainteriore/la_mente.htm